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Certe storie iniziano in lande inesplorate, altre in epoche intangibili, altre ancora nella fantasia di un racconto folkloristico, tramandato generazionalmente.
La nostra storia, miei cari lettori, differisce ivi nella forma, ivi nella sostanza e parte da Nocera, nell’anno 1929.
Nel 1929 Al Capone è il gangster più temuto degli Stati Uniti, ove compie anche la Strage di San Valentino proprio il 14 Febbraio di quell’anno.
Intanto, in Italia Papa Pio XI definisce Benito Mussolini come “L’uomo della provvidenza” e l’India finalmente dichiara l’indipendenza dal Regno Unito.
A Nocera, invece, il calcio è già sinonimo di patria, grazie anche alla legge vigente ai tempi che vedeva il calcio come sport di Stato, tanto che la Nocerina dei tempi ci crede, vuole vincere ed affida la rosa ad un certo Egri Erbstein, in un campionato da protagonista, dove arriverà quarta nonostante la presenza di Palermo, Ternana, Messina e Cagliari, dopo aver vinto a Salerno il derby con la Salernitana per 3-2.

Ma chi è Egri Erbstein e perchè è così famoso?
Ernő (Ernesto) Egri Erbstein nacque nel 1898 in una famiglia ebraica a Nagyvárad — odierna Oradea — in Transilvania, all’epoca provincia ungherese dell’impero austro-ungarico e oggi in Romania.
Quando aveva due anni la sua famiglia si stabilì a Budapest e lì crebbe, diplomandosi alla locale scuola superiore di educazione fisica. Inoltre, entra nell’associazione locale di atletica, il Budapesti Atle’tikai Klub, che conta anche una squadra di calcio, il BAK Budapest, che lo ingaggia nel ruolo di mediano e dove resta dal 1915 al 1924. Dopo il diploma inizia a lavorare come agente di borsa e, anche se il calcio passa in secondo piano, milita sempre nelle file del BAK. Nel 1924 però l’Olympia Fiume, poi divenuto Fiumana, lo nota e lo porta in Italia. Con questa maglia, Erbstein disputa 18 incontri e mette a segno 5 gol. L’anno successivo è un giocatore del Calcio Vicenza (non ancora chiamato L.R. Vicenza), nell’allora seconda divisione, l’attuale Serie B, (ma più simile, come struttura, alla Lega Pro odierna), dove gioca 28 partite e segna 2 reti. Durante il suo soggiorno a Vicenza, sposa, nel 1926, Jolanda Hunterer, che aveva conosciuto in Ungheria; il 18 febbraio dello stesso anno, viene al mondo, a Budapest, la loro prima figlia, Susanna, in seguito diventata una rinomata ballerina, coreografa e maestra di danza classica.
La carriera di Erbstein, però, non riesce a decollare, anche a causa della Carta di Viareggio, documento pubblicato in Versilia il 2 agosto 1926 e che non permetteva agli stranieri di partecipare al campionato tricolore, a partire dall’anno 1928 (provvedimento legato al fascismo che colpì duramente la maggior parte delle società italiane, che contava, complessivamente, più di ottanta giocatori provenienti da Paesi esteri). Dunque, anche per motivi riguardanti il suo lavoro in banca, Erbstein decide di trasferirsi negli Stati Uniti, trovando però anche un ingaggio nell’American Soccer League giocando con i Brooklyn Wanderers, allenati da un ex-attaccante angloamericano, Nathan Agar (è anche stato, nel 1905, tra i fondatori della United States Football Association della quale fu prima segretario e poi Presidente), dove milita anche il connazionale Béla Guttmann. Gioca un paio d’anni poi la crisi nell’attività borsistica lo porta ad abbandonare gli Stati Uniti e a chiudere la sua carriera con il calcio giocato, per poi rientrare in Ungheria.
Come allenatore toccherà prima il De Pinedo (ora Fidelis Andria) poi il Bari (dove si stabilirà due volte con ottimi risultati) prima di approdare alla Nocerina, nella stagione 1929/1930 dove i rossoneri, da poco divenuti ufficialmente MOLOSSI da qualche mese, disputano un signor campionato, chiuso al quarto posto.
Nella sua carriera poi toccherà piazze come Cagliari, Alessandria, e Lucchese prima di terminare la sua carriera e, ahimè, la sua vita a Torino, col Torino dei miracoli, col “Grande Torino”, vittima di un incidente aereo conosciuto come “tragedia di Superga”.
Il 4 maggio 1949 Erbstein, insieme a tutto il Grande Torino, perde la vita quando l’aereo su cui la formazione viaggiava dopo un’amichevole a Lisbona si schianta contro il poderoso bastione della Basilica piemontese. Nove giorni dopo sarebbe stato il suo cinquantunesimo compleanno.
Questa tragedia unirà, negli anni a seguire, anche le tifoserie di Nocerina e Torino, tanto che, nella stagione 2011/2012 le due compagini si scambieranno attestati di stima e cori reciproci sia nel match al San Francesco che in quello nel capoluogo piemontese e la curva granata omaggerà la Nocera del tifo anche nei fatti di Salerno accaduti qualche anno dopo.
Egri Erbstein unì, soltanto grazie alle sue prestazioni calcistiche e gestionali, due piazze diverse, distanti chilometri e chilometri, in storia e in successi sportivi.
La storia del tecnico ungherese, nonostante la sua enorme cultura calcistica, non ebbe vita sempre felice, infatti fu vittima anche delle leggi razziali imposte dal regime fascista che lo costrinsero anche a lasciare l’Italia, in più il 18 marzo 1944, le truppe tedesche invadono l’Ungheria. Ernest viene internato in un campo lavoro finalizzato alla costruzione di strade e ferrovie, ma scampa comunque alle prime ondate di deportazioni. La figlia Susanna, invece, riesce a farsi accogliere in un pensionato per ragazze cattoliche nella periferia di Budapest, dove porta anche la madre. Dopo l’assalto del pensionato da parte delle truppe tedesche, però, le due ragazze sono costrette a fuggire, per raggiungere la sorella di Jolanda, che farà ottenere loro dei documenti falsi. Anche Erbstein riesce a fuggire e a ricongiungersi con la famiglia. I pericoli, però, non sono finiti: a causa dell’assedio finale di Budapest, iniziato il 20 dicembre 1944, Ernest, grazie all’aiuto di Susanna, è costretto a mettersi in salvo presso Raoul Wallenberg, funzionario svedese, incaricato dalla War Refugee Board (istituita dal presidente statunitense Roosevelt) di istituire una “sezione umanitaria” al fine di salvare gli ebrei ungheresi, che erano più di 800.000. Questa pericolosa azione porta Wallenberg all’arresto il 17 gennaio 1945: probabilmente, muore il 17 luglio dello stesso anno nella prigione Lubjanka. Wallenberg è stato riconosciuto come “Giusto tra le Nazioni”. Salvato ancora una volta ancora da Susanna (che si finge crocerossina per aiutare il padre), Erbstein ritorna dalla sua famiglia, e con questa, dopo un breve periodo, giunge in Italia, dove viene nascosto da Ferruccio Novo fino al termine della guerra.
Storia di un uomo, eroe della resistenza, riuscito a scampare alla furia hitleriana, ma non alla mano del destino, il quale decise che quel volo, dove lui e i suoi campioni d’Italia viaggiavano, sarebbe stato l’ultimo, per sempre.
Felice Vicidomini